Come recuperare oro e argento dalle acque reflue

 

Come recuperare oro e argento dalle acque reflue: metodi, tecniche e strategie per estrarre metalli preziosi da detriti e fanghi.

 

 

Il trattamento delle acque reflue sta diventando un argomento molto comune in tanti Paesi del mondo. L’eccessivo utilizzo delle risorse idriche e la costante necessità di acqua, comporta la ricerca di soluzioni che possano permettere il riciclo di quella che già viene utilizzata.

In tale ottica, il trattamento delle acque reflue presso moderni ed innovativi impianti di depurazione risulta essere la migliore alternativa, soprattutto quando vengono messe a punto delle tecniche di estrazione di altri materiali (approfondisci su industria.culligan.it).

Tra questi materiali, anche l’oro e l’argento possono essere estratti dalle acque reflue. Numerosi sono stati i tentativi di mettere a punto valide strategie di recupero, anche se, come vedremo più avanti, una delle tecniche maggiormente impiegate per ricavare metalli dai fanghi delle acque reflue è l’elettrolisi.

 

 

Il progetto di Bruxelles

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Un ottimo spunto di riflessione circa la possibilità di recuperare metalli preziosi dalle acque reflue è stato lanciato dalla ricercatrice Natacha Brion, della Vrije Universiteit Brussel.

Con l’ausilio di altre tre università, il team di studio è impegnato ormai dal 2019 per cercare di trovare un modo alternativo di recuperare dalle acque reflue di Bruxelles micro pepite di oro e argento, non visibili a occhio nudo.

In una vecchia intervista la ricercatrice aveva messo in evidenza come l’oro, l’argento ed ogni altro materiale prezioso potessero essere estratti dai liquami della città solo dopo che questi ultimi fossero stati già trattati.

I metalli infatti si annidano nei fanghi. Per dimostrare la sua tesi, la Brion ha raccolto una serie di campioni, da cui è emerso come nei campioni di polvere marrone ci siano quantitativi considerevoli aurei e non solo.

Per sostenere ampiamente la sua tesi, la ricercatrice ha coinvolto nel progetto altre tre università, impegnando i più abili professionisti in laboratorio per riuscire ad individuare tecniche applicabili al trattamento delle acque reflue così da poter estrarre materiali preziosi.

Gilles Bruylants, ricercatore della Libera Università di Bruxelles, che collabora alla ricerca, ha avuto modo di spiegare come la loro intenzione sia quella di usare nano-materiali e nanoparticelle di ossido di ferro magnetiche in grado di raccogliere separatamente questi diversi ioni.

Già da un primo giro di test di laboratorio, è emerso che in una tonnellata di fango possa essere estratto un grammo d’oro, mentre per argento si può arrivare anche fino a 5 grammi.

La domanda che tutti si sono posti è come questi elementi preziosi finiscano nelle acque reflue, e la domanda è semplice da rispondere: l'origine di queste particelle d'oro e d'argento potrebbe essere: medicinali o il lavaggio di abbigliamento sportivo o ancora gioielli stessi.

Dal momento che i metalli preziosi stanno andando man mano scomparendo in natura per l’enorme uso che l’uomo ne fa, lo studio della Brion potrebbe essere un valido punto di riferimento per porre in essere il cosiddetto riciclo di oro e argento.

Ad ogni modo l'idea principale resta comunque ottimizzare il processo e consentire alle acque reflue di tornare in circolo.

 

 

Recupero di oro e argento tramite elettrolisi

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Al di là delle ricerche continue che ci sono in merito al trattamento delle acque reflue, c'è da dire, che vecchi metodi tradizionali come l’elettrolisi, vengono ancora oggi posti in essere per tentare un recupero di metalli all’interno delle acque reflue.

Si tratta di un trattamento che oltre a consentire di ricavare oro e argento dai detriti e dal fango, permette anche di ricavare, per poi utilizzare, altri metalli come il nichel e il cromo da soluzioni di diluizione.

Per riuscire nel proprio intento, coloro che gestiscono gli impianti di depurazione spesso usano una combinazione di tecniche atte a raggiungere livelli di bassa emissione per l'acqua, o riciclo delle acque di risciacquo, ecc.

Oltre ad ottenere benefici ambientali di un certo calibro, l’elettrolisi  consente il recupero di metalli per il riutilizzo, con un conseguente calo degli stessi nelle concentrazioni degli effluenti.

Nella separazione elettrolitica di soluzioni metalliche contenenti cianuro, la distruzione anodica ossidativa del cianuro si verifica in parallelo all'estrazione del metallo.

Volendo fare un’analisi dei dati operativi della tecnica elettrolitica, possiamo dire che il recupero di metalli preziosi riesce ad andare molto in profondità nei fanghi, raggiungendo anche i livelli più bassi di oro e argento presenti nelle acque reflue.

Durante la fase di estrazione viene impiegato un catodo piatto, ma per una prestazione migliore, e per una maggiore efficienza, ultimamente vengono impiegati dei catodi dal design sofisticato (cella a tubo rotante, catodo in fibra di grafite) o a letto fluidizzato. In questo modo si rilevano le più impercettibili quantità auree e si previene il deterioramento della superficie del catodo.

In tutti i casi (compresa l'ossidazione anodica) l'anodo deve essere del tipo 'insolubile'. Affinchè il catodo possa attirare a sè le particelle di metalli preziosi, viene realizzato e quindi impiegato sotto forma di fogli, lamine, particelle molto sottili, rivestiti di altri metalli (in particolare di acciaio inossidabile) per favorire la separazione meccanica del deposito dal catodo o la sua rimozione per dissoluzione anodica.

Ferro, acciaio inossidabile, carbonio poroso, particelle di grafite, perline di vetro o plastica metallizzata e tessuti metallizzati sono tutti esempi di materiali comunemente usati. La scelta del materiale del catodo è in gran parte determinata dalla natura del trattamento, che segue la deposizione dei metalli. In ogni caso, la massimizzazione dell'area di superficie del catodo e il processo di diffusione sono i mezzi più importanti per migliorare l'efficienza del reattore elettrolitico.

 

 

Negli impianti di depurazione, in cui l’efficacia epurativa si basa in particolare sui naturali processi biologici, la presenza di metalli preziosi e più in generale di metalli pesanti può risultare tossica per la fauna che si forma nella vasche biologiche. Ecco il motivo per il quale i ricercatori, al di là del tipo di tecnica impiegata, cercano sempre di mettere a punto strategie di rilevazione e recupero di metalli con un margine di errore davvero molto basso.

Questo accade ovunque, ma in modo particolare negli impianti di depurazione che gestiscono le acque reflue delle industrie (si pensi ad esempio alle raffinerie svizzere) che effettuano di continuo gli scarichi industriali delle aziende.

Più precisamente, per ciò che attiene alcuni metalli pesanti, le raffinerie cercano di essere accorte, di porre in essere tecniche di estrazione del metallo, che come appena detto, hanno il prioritario scopo di ridurre la percentuale di carico nell’acqua per non contaminarla.

Al contempo questa estrazione può mostrarsi molto vantaggiosa anche in termini di riutilizzo dell’oro e dell’argento presenti nei fanghi, in quanto si conta come vedremo che per ogni tonnellata si rilevano da uno a cinque grammi di metallo prezioso.